top of page

Vulvodinia: quali sono i sintomi e come si cura

Bruciore e dolore, anche durante i rapporti sessuali, sono i disturbi che più caratterizzano la vulvodinia. Ecco quali sono i rimedi più efficaci.


La vulvodinia è un disturbo vissuto come un disagio, spesso descritto come una sensazione di dolore e di bruciore nell’area vulvare pur in assenza di lesioni cliniche visibili. Se questa condizione non è estesa all’intera vulva ma solo al vestibolo (la zona compresa tra l’introito vaginale e la parte interna delle piccole labbra) si parla di vestibulodinia; si parla di clitoridodinia quando il dolore si concentra sul clitoride.

Il temine vestibolite, sinomino di vestibolodinia, andrebbe evitato in quanto il suffisso -ite indica una condizione infiammatoria infettiva, che è invece assente nella vulvodinia. Il 90% delle vulvodinie sono propriamente delle vestibolodinie.

Il dolore può essere spontaneo oppure provocato da un contatto (rapporto sessuale, indumenti stretti, assorbenti, etc.) o da banali movimenti come sedersi o accavallare le gambe. Molto spesso è presente in modo continuativo, accompagnando la donna per l’intera giornata. La vulvodinia colpisce dalla adolescenza alla menopausa.


Vulvodinia: quali sono le cause?

Il disturbo può avere molte cause spesso tra loro interagenti, il che contribuisce ad aggravare la sintomatologia. La paziente riferisce l’esordio dei disturbi in seguito a ripetute infezioni da candida o in seguito a traumi fisici (episiotomia, biopsia, elettrocauterizzazione); talora, in seguito a rapporti sessuali non desiderati, dolorosi e in assenza di lubrificazione, o dopo un trauma psicologico.

Sono chiamati in causa anche stili comportamentali quali pantaloni e biancheria intima troppo stretti; attività sportive microtraumatizzanti (bicicletta, cyclette, spinning, equitazione), uso eccessivo di detergenti intimi; sostanze chimiche presenti in medicinali a uso topico spalmati in loco, spesso prescritti proprio per combattere il bruciore (ad esempio, cortisonici, creme lenitive o lubrificanti vaginali). In questa situazione sono coinvolti e sollecitati diversi sistemi: immunitario, muscolare, vascolare e nervoso.

Il meccanismo più spesso chiamato in causa nella cronicizzazione del dolore/bruciore è la iperattività dei mastociti, cellule deputate alla difesa immunitaria che intervengono nelle reazioni allergiche e nell’infiammazione acuta. Una stimolazione eccessiva di queste cellule provoca una risposta immunitaria abnorme con produzione di sostanze flogistiche responsabili di eritema e di irritazione. Tali mastociti sono responsabili anche dell'attivazione del nerve growth factor (NGF, fattore di crescita nervoso), che promuove la proliferazione delle terminazioni deputate alla percezione del dolore. Ciò si traduce in iperalgesia, cioè in una risposta dolorosa amplificata e/o esageratamente prolungata ad un stimolo doloroso di per sé modesto.

Il dolore vulvare favorisce anche una reazione difensiva della parte, reazione che provoca uno spasmo muscolare (ipertono del pavimento pelvico) permanente, a sua volta motivo del dolore; si instaura in tal modo un circolo vizioso. Questo ipertono può essere pregresso alla vulvodinia (come accade nei casi di vaginismo) o può essere determinato dalla dispareunia correlata al disturbo.


I sintomi della vulvodinia

Questi i sintomi caratteristici della vulvodinia:

  • dolore e bruciore vulvare spontaneo o conseguente al contatto con gli indumenti; il disturbo è riferito prevalentemente nella zona vestibolare ma può estendersi all’intera area, interessando l’ano e la zona uretrale, con senso di peso sovrapubico e fatica e bruciore ad orinare;

  • intorpidimento e gonfiore;

  • forte dolore al tatto e nei tentativi di penetrazione vaginale;

  • dispareunia (dolore vaginale nei rapporti sessuali);

  • senso continuo di disagio, ansia e depressione.

Inoltre, la paziente che soffre di vulvodinia:

  • avverte come delle punture di aghi; sente fitte o scosse elettriche sul pube, sulla vulva o nella zona perianale;

  • ha i sintomi tipici di un'infezione (vaginite o cistite), ma il tampone e l'urinocoltura sono negativi;

  • i pantaloni e gli slip provocano un’irritazione che talora impedisce di stare seduta o di camminare;

  • prova una sensazione di abrasione all'entrata della vagina;

  • fatica a urinare e l’urina brucia;

  • questi sintomi durano da più di tre mesi..


Diagnosi di vulvodinia

La sintomatologia con cui si presenta la vulvodinia, che emerge da un’accurata anamnesi della paziente, sarà di grande aiuto nell’orientare la diagnosi. L’esame obiettivo non segnala alcuna anomalia della parte; talora si osserva un rossore circoscritto alla zona vestibolare, non supportato tuttavia da alcun altro segno specifico di flogosi batterica, fungina o virale.

Pertanto, in assenza di una causa specifica che, come un’infezione o un’altra patologia, si accompagna a segni visibili nella zona vulvare (ad esempio, tagli o lesioni), si rende molto probabile la diagnosi di vulvodinia. Un segno semiologico molto importante, ma non sempre presente, è dato dall’accresciuta sensibilità alla pressione sulla vulva e dalla positività al Q-tip test o swab test. Questo test consiste nell’esercitare, con cotton fioc, una leggera pressione su alcuni punti specifici dell’area vestibolare che scatena, nella donna affetta da vulvodinia, un dolore intenso e acuto.


Terapia per la vulvodinia: come si cura?

La vulvodinia è una sindrome complessa, spessissimo non diagnosticata perché le evidenze cliniche sono scarse o assenti. Riconoscere la sindrome e spiegare alla donna le ragioni del suo disturbo è già un primo importante aiuto.

La consapevolezza consente di affrontare con maggiore tranquillità i vari presidi terapeutici dell’affezione, caratterizzata da alti e bassi. Il rapporto con un medico che conosce la problematica in tutti i suoi aspetti è determinate per la risoluzione della malattia: essendo varie e diverse le cause, la terapia deve essere non solo personalizzata ma anche adattata e cambiata in accordo con la sintomatologia. Il trattamento della vulvodinia prevede pertanto diversi approcci, tutti tesi a ridurre la frequenza e l’intensità delle sensazioni dolorose.

Le terapie farmacologiche più efficaci sono gli antidepressivi ciclici ed anticonvulsivanti che, a piccole dosi, interrompono i circuiti del dolore cronico e la sensibilità abnorme dei nervi, modificando i livelli dei neurotrasmettitori (sostanze chimiche che conducono gli impulsi da un nervo all’altro). Si possono applicare anestetici topici in crema (lidocaina, ad esempio), direttamente in sede vestibolare per alleviare transitoriamente il dolore, soprattutto prima dei rapporti sessuali. Si utilizzano anche creme inibenti l’attività mastocitaria (ad esempio, l’adelmidrol e il sodio cromoglicato).

In presenza di muscoli pelvici molto contratti a causa del dolore, si può utilmente ricorrere alla fisioterapia. Consigliato è il biofeedback elettromiografico della muscolatura pelvica, una tecnica di auto-rilassamento che insegna a controllare le contrazioni dei muscoli e il dolore da esse provocate. Ogni programma di terapia fisica è personalizzato in base ai risultati della valutazione iniziale della paziente. È pertanto consigliabile la supervisione di un/a fisioterapista.

Si ricorre anche alla TENS (TransCutaneous Electrical Nerve Stimulation, stimolazione elettrica nervosa transcutanea), tecnica che consiste nell’applicare sulla parte interessata alcuni elettrodi che emettono impulsi elettrici di bassa frequenza in grado di inibire le afferenze nervose coinvolte nella trasmissione del dolore. Le basse frequenze sono utilizzate anche come stimolo alla produzione di neuropeptidi e di altri mediatori chimici, quali endorfine ed oppiacei, sostanza P, implicati nella percezione e trasmissione del dolore.

Utili anche gli esercizi di auto massaggio, sia interno che esterno, che si esegue esercitando pressione sui punti dolorosi. Le terapie fisiche, se eseguite con regolarità, danno sollievo nell’80% dei casi.

Del tutto recentemente si registrano risultati promettenti con le terapie prioritariamente usate per combattere l’atrofia vaginale (ospemifene e LASER frazionato a CO2). Questi presidi favoriscono, attraverso un’efficace irrorazione vascolare dello stroma sottomucoso, una normale riepitelizzazione delle mucose vulvari e un incremento di fibre elastiche e collagene che impediscono agli stimoli irritativi di raggiungere la ricca innervazione vestibolare e vulvare irritata ed iperalgesica.

Ai presidi medici e farmacologici va affiancato uno stile di vita e comportamentale volto a ridurre al minimo gli stimoli irritativi. Questi gli accorgimenti:

  • indossare biancheria intima di cotone bianco e pantaloni comodi e ampi.

  • Non indossate biancheria intima durante la notte.

  • Evitare lavaggi frequenti. Per la zona vestibolare è sufficiente l’acqua.

  • Evitare applicazioni vaginali di deodoranti spray, profumi, lavande vaginali, creme depilatorie.

  • Usare detergenti intimi adeguati: delicati e non profumati.

  • Sostituire gli assorbenti interni con quelli esterni, preferibilmente di cotone, lavabili e riutilizzabili.

  • Usare i lubrificanti suggeriti dal medico, al fine di rendere i rapporti più confortevoli. È utilizzabile anche il semplice olio vegetale.

  • Evitare esercizi fisici che comportino sfregamento e frizione sulla regione vulvare (ad esempio, bicicletta, ciclette o spinning).



305 visualizzazioni0 commenti

Post correlati

Mostra tutti
bottom of page